Ungaro

L’orientalismo lussuoso di Emanuel Ungaro arriva in passerella, a Parigi, per mano dello stilista Giovan Battista Valli che dal maestro (il quale continua invece a occuparsi della haute couture) ha ereditato la direzione creativa del pret-a-porter. “Avete visto, non ho tradito!” dice Valli nel backstage abbracciando un’amica che evidentemente aveva temuto un rinnovamento e un allontanamento dallo stile della maison che fa parte del Gruppo Ferragamo.
Emozionato per essere uscito per la prima volta solo in passerella, Valli spiega di aver lavorato “sulle ossessioni orientaliste di monsieur Ungaro”, con una collezione atemporale che non insegue le tendenze e che vuole essere “come un momento di riflessione”. L’allure dei capi – spiega ancora lo stilista – è di non essere finiti, c’è in loro qualcosa di sospeso. In passerelle dei blocchi di ghiaccio ingabbiano canne di bambù e orchidee, sulle cartelline stampa un cuore trafitto da un chiodo “rappresenta il dolore dell’amore che – dice Valli – diversamente dalla tradizione romantica è anche sofferenza”. Interpretata così, la sfilata diventa una sequenza di abiti femminili sospesi tra seduzione e dolore, con tanti riferimenti all’Oriente, dal Giappone alla Cina, dall’India fino al Marocco e ai Balcani. I gioielli sono dei portafortuna, con molte croci e molti cuori anche come orecchini. I vestiti lunghi e leggeri, con spacchi, ruches e volants hanno vaghi motivi a stampa violacea sul beige, le gonne balcaniche marroni e nere tutte plisettate sventolano sotto i gilet di montone, i completi con giacca kimono sono chiusi da alte fusciacche in vita. I pantaloni aderenti di raso nero, infilati negli stivali flosci alla moschettiere, hanno blusine russe o tzigane, oppure da Pierrot con il collo a corolla. Il finale, nelle gradazioni del beige, del marrone e dell’oro, è un tableaux vivant di icone alla Ungaro, in lunghi abiti coronati di balze e fiori, indossati con alti stivali di raso.

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