Così gli abiti erano infarciti di tematiche ed ispirazioni barocche, bizantine, arabe ma anche marinare nel pieno rispetto della tradizione siciliana. La donna proposta era fasciata da una tunica bianca alla schiava oppure da un pareo arricchito da un sole di paillettes, pantaloni a palazzo fatti di iuta oppure da un vestito di raso rosso, legato in vita in stile mondina ma interamente rivestito, al suo interno, di velluto floreale; e, nel rispetto delle tradizioni, non poteva mancare la vedova siciliana, proposta in versione sexy, con l’ampia gonna dal vertiginoso spacco, top scollato, lungo velo legato in testa, il tutto rigorosamente nero.
Il risultato? Un’enciclopedia vivente di usi e costumi popolari, un mix tra la tradizione siciliana e i tagli contemporanei, al fine di realizzare un’immagine sensuale ed intrigante, femminile ed accattivante che si addice a quel grande mistero che si chiama donna.
UN FINAL WORK SICILIANO ALL’ART CAFE’
