N-U-D-E CREATIVITA’

Creazione Kei Kagami
La sfilata collettiva N-U-DE, New Upcoming Designers, ha raccolto cinque stilisti (due esordienti in passerella e tre non debuttanti) selezionati da una commissione della Camera Nazionale della Moda formata da Carla Sozzani, Lavinia Biagiotti e Francesco Martini Coveri.

DEBUTTANTI

I due debuttanti, Paolo Errico e Simone Marulli, hanno sfilato una creatività non proprio inedita. Il primo, abile nella maglieria, ha rieditato il minimal di Yohji Yamamoto in look total black (con l’abito con una croce a tre bracci come scollo posteriore) e total white (con la maglia indossata sottosopra), accessoriando le sue creazioni con nastri e sciarpe annodati a polsi e palme in un guanto-bracciale.
Marulli, invece, ha scelto di rispolverare il basco e il cappotto rosso della Gradisca di Amarcord . Una citazione cinematografica che da il là ad un mix tra maschile e femminile, dove il principe di Galles della gonna o del cappotto viene addolcito dai fiori o dalla calottina con lunghe trecce in lana.

NON DEBUTTANTI

Il duo tedesco-svizzero Unrath & Strano cerca di sorprendere con maglie intagliate e unite da lacci, trench con arricciature sulla schiena, orli di gonne legati in vita. Ma l’impronta sovversivo-decostruttiva di Vivienne Westwood è chiara. E identificabile anche dal curriculum vitae di Klaus Unrath, disegnatore in passato per la Red Label della regina del punk. In questo richiamo stilistico spiccano i fili di perle portati come fasce da miss, i colletti spostati lateralmente che diventano quasi decorazioni e le frange che si fanno flutti tra le perle di un abito da sirena metropolitana.
Fiore all’occhiello di quest’edizione di N-U-DE è il giapponese Kei Kagami, stilista scelto come testimonial dal colosso delle cerniere YKK per i suoi abiti con le zip al limite dell’opera d’arte (non a caso, sono stati esposti in alcuni musei). I suoi capi nascono dalla fusione di due o più modelli: pezzi di colletti s’innestano sulle spalle del blazer e due mezzi cappotti a formarne uno con artifici di cerniere. I tessuti camiceria e il nero predominano una collezione che, outfit dopo outfit, diventa sempre più difensiva, rivelando creazioni sorprendenti. Sono quasi armature i lembi rigidi che si aprono davanti o dietro le giacche, un gioco di tiranti solleva l’orlo posteriore di un abito e la silhouette sembra trafitta dai sostegni dei pannelli che circondano un bustino. Imprevedibili dettagli conquistano lo spettatore: le strutture ad appendiabiti, bilancia o timone che sbucano dal collo di alcuni modelli, la leva che nasconde un tessuto a righe sotto il rigore del nero, le rotelle applicate allo strascico di un vestito e a una borsa, il tacco arricciato delle scarpe in legno.
Le musiche di Kill Bill accompagnano l’ultima passerella di questa sfilata collettiva, quella delle gemelle georgiane Tata-Naka (pseudonimo derivato dai nomignoli delle due stiliste, talmente identiche da piccole, da essere chiamate sempre insieme dagli amici). I loro modelli sono un inno al rigore sovietico con bottoni dorati e cappotti lunghi militari. Ma anche alla romantica rêverie di una fanciullezza perduta: lo chiffon diluisce gli abiti con cintura-gioiello, il fiocco adorna coprispalle e borse, il trenino ricamato sbuffa sulla maglia. Il tutto decorato con singolari bijou di lana e pietre.
Cinque creatori in questo primo anno. E per la prossima edizione si spera possano diventare di più, sempre sotto l’egida della Camera. In nome di un unico spettacolo: la moda.

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