Holly Krüeger

PH A.Leonetti
“Hate War, Love Your Uniform”

 

Un commento sociale, un punto di vista. Una protesta satirica sulla superficialità con la quale la guerra viene percepita dalla collettività. Questo il concept sviluppato dalla designer americana Holly Krüeger per la collezione donna a/w 2003/04, che ha portato avanti con la collaborazione di tre giovani artisti di FABRICA, che si sono occupati dell’installazione. Un collage di poster fotografici, opera dell’inglese David Weightman, e la proiezione di un film sulla guerra i cui protagonisti, un soldato e un’infermiera, sono interpretati dagli artisti stessi (Nienke Klunder e Raphael Dallaporta).
“E’ il nostro modo di sentire la guerra.” Afferma la stilista “Troppe immagini superficiali ci vengono propinate dai media. Ma la situazione attuale si presenta molto più complessa e difficile. Abbiamo scelto un’angolazione differente, un modo per comunicare senza cadere negli stereotipi.” La collezione mescola emozioni e memorie collettive, per ricordarci come siamo ambiguamente condizionati a reagire alla guerra. Il fascino di una divisa ci seduce col suo sex appeal, col suo gioco di forme delineate e disciplinate, spesso ci rimanda ad un’immagine romantica, positiva, dolce. Noi vogliamo aggrapparci a quest’idea. Il nostro motto è “Odia la guerra, ama la tua uniforme”. 7 modelli. L’acconciatura è anni ’40, da infermiera di Pearl Harbour. L’abitino-giacca in denim trattato, ha tasche applicate e decorazioni. L’abito nero con maniche goffrate marroni. In passerella un paracadute-applicato. La tuta military coloniale con cinturino, camouflage nel giacchetto zippato, nei cargo pant. Le scarpe sono laccate, tipo church. La chemisier sabbia scivola larga lungo i fianchi. Rifiniture fatte a mano, colori scuri, velluto stretch, jersey. Donne pronte alla battaglia. Bella la gonna multistrato, l’abitino smanicato con fibbia sul decollettè. “Adoro i tessuti naturali, ma faccio un largo uso anche di tessuti tecnici, ne ho bisogno per le performance.” Continua la Krüeger “Il corpo respira, e io voglio che la persona, avvolta nel tessuto, debba sentirsi bene. Uso tutti tessuti double face, proprio come le mie idee. Adoro giocare con forme e punti di vista. Tutto può essere letto in chiave differente, basta scegliere la propria angolazione”. Alla domanda su come mai abbia scelto di collaborare proprio con gli artisti di FABRICA, la designer non ha alcun dubbio: “Gli artisti di Fabrica sono avanti. Riescono a percepire e a sviluppare il concept che dà senso alla mia collezione. Camminiamo lungo la stessa lunghezza d’onda”. Una sinergia di forze creative. Un gioco di forme e di idee. Una protesta satirica, che coinvolge gli abiti e veicola messaggi. Per andare ben oltre la semplice sfilata. E colpire nel segno.

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