Applausi scroscianti e prolungati per la sposa di Emanuel Ungaro, a chiusura di una collezione particolarmente riuscita. Una sposa etnica, ma romantica, femminile e provocante senza essere volgare. Color avorio, il corpino è di tulle trasparente ricamato di elementi etnici, di quelli da maschere africane, ma anche pastiglie di madreperla, nastri, gelsomini, e si appoggia su una gonna con strascico di tulle e piume, dritta, sinuosa.
Per la sfilata di ieri, Ungaro ha scelto la Galerie du Jeu de Paume, in place de la Concorde, e l’ha arredata come un sontuoso appartamento, in cui Madame riceve gli ospiti. Un arredamento eclettico, che mescola i temi che si ritrovano negli abiti, dalle specchiere del ‘700 francese agli scrigni e consolle cinesi, alle maschere tribali africane. Perchè in questa collezione Ungaro “‘osa” più che mai il matrimonio tra immagini di opposti orizzonti. C’è Matisse, ma anche Gauguin e Goya, nelle creazioni che rispolverano vecchi disegni degli archivi di Etro, ristampati per l’occasione e mescolati da Ungaro per giacche a kimono, spolverini stile robe de chambre, ma anche gonne affusolate. A volte forse ce ne sono un pò troppe di fantasie, non si ha il tempo di godere di un disegno, ma nell’insieme l’effetto è allegro. Ungaro mescola le fantasie fiorate a quelle stile Hermes, ma anche a tessuti a quadrettini, e ricama con disinvoltura gli uni e gli altri, vi adagia fiori che appoggia anche sui capelli come cerchietti, fa scendere i ricami sulla schiena nuda come fossero collane messe al contrario. Ci sono frange, e collane etniche, su bluse o pantaloni di leggero pizzo ricamato, e tanto colore, ci sono drappeggi di sapore greco, e plissè obliqui a fasciare stupendamente il corpo della Venere nera, Naomi, che incede maestosa mentre la “padrona di casa” mette sul giradischi “Casta Diva”.