Sette anni fa Antonio Marras debuttava sulle passerelle romane, durante la kermesse dell’alta moda. La storica di costume e moda Bonizza Giordani Aragno lo definì “Il Christian Lacroix italiano”. E afferma “Oggi potremmo parlare del John Galliano nostrano”. Sta di fatto che il designer ancora una volta, in questo caso per la presentazione della collezione donna f/w 2003/04, lascia dietro di sé un pubblico basito e commosso. Marras è uno stilista, un artista, uno scenografo. Lui racconta storie, c’è sempre un filo conduttore nelle sue sfilate, una fonte d’ispirazione che riesce a mettere in scena in maniera sublime. Il punto di forza della comunicazione di Antonio Marras, sono infatti i messaggi che travalicano l’abito, che partono dall’invito di una sfilata e arrivano al cuore. Per questa collezione la fonte d’ispirazione è Eleonora D’Arborea, ultima regnante indigena dell’isola di Sardegna, personaggio politico molto noto nel Medioevo per aver creato la “Carta de Logu”, una sorta di carta costituzionale sarda. Una donna indomita e coraggiosa, che ha rifiutato la violenza in virtù del potere puro. In passerella i colori della terra, domina il nero, iniezioni di rosso nel kilt da portare sui pantaloni baggy e anfibi. Pantaloni in lana, gonnellone, stole, giacche molli, garze, sete e velluti, catene di metallo, ricami e fiori. Una donna scarna e regale, forte e poetica, magnetica e affascinate. Una fusione di suggestioni medioevali rilette in chiave moderna. Gessati, tube, copricapo effetto cuffia chadore che incorniciano il capo a mo’ di uovo. Ovunque una pioggia di catenelle bjoux. Pelle nera, strascichi, pantaloni alla zuava incrostati di decorazioni. Incredibile la maglia traforata, in trina effetto ragnatela. Capi eccessivi? “Ogni donna è in grado di selezionare ed interpretare a modo suo i capi che più si adattano al suo stile. Ci voleva una sferzata innovativa, uno scossone, la moda mi sembra così sopita”. Afferma lo stilista . Parole sante. Il pubblico è emozionato, commosso. Antonio Marras si conferma il poeta dell’abito, il cantastorie del passato italiano. Capace di rimanere sé stesso, di continuare a vivere, schivo, nel suo rifugio in Sardegna. Genuino, semplice, vero. Come si confà ad uno stilista con la S maiuscola. Perché “ Io ci metto anima corpo in quello che faccio”, afferma Marras. Non ne abbiamo dubbi.
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