Nel buio della sala, ad una ad una avanzano tre balllerine, vestite di antichi abiti, tipici della corte francese di fine settecento; si muovono a scatti, come mosse da una carica e si bloccano, dopo aver compiuto sinuosi movimenti con le braccia. Lentamente entrano le modelle, grottesche bambole viventi, dalla capigliatura scomposta ma vestite nel più lussuoso degli stili pre-rivoluzionari: questa è stata l’idea, il filo trinante della collezione di alta moda presentata da Gianni Calignano, all’AltaRoma. Le donne possono sognare di vivere in un’ epoca dove imperava il lusso più sfrenato: gonne di tulle, trasparenti o meno, rese gonfie da sottogonne dorate, bustier intarsiati di fiori di paillettes, pizzo nero ricamato come sottogonna, leggere camicie dalle maniche trasparenti di tulle, lunghi abiti a tunica che giocano con trasparenze e fiori ricamati. Lussuosi gli abiti, azzeccata l’idea di far danzare le proprie bambole viventi, irritante però la trovata di far uscire per due, tre volte, le proprie creazioni, aggravata dalla (voluta) mancanza delle sedie in sala che costringeva gli spettatori a sostare in piedi e rendeva ancora più tediosa la ripetuta visione. Tuttavia, una cosa è certa, lo stile, il gusto per la sartoria, la cura dei dettagli e soprattutto, l’irriverenza, di Gianni Calignano, sono fuori discussione.
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